giovedì 4 settembre 2008

I CRITERI CHE REGOLANO L'IMPOSIZIONE FISCALE IN ITALIA

La Costituzione ha tolto al legislatore ordinario l’illimitata libertà di scelta dei presupposti di fatto di tutte le entrate pubbliche, fissando tre grandi principi distributivi. L’art. 53, co. 1, afferma che tutti devono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. L’art. 41, co. 3, sancisce che il legislatore ordinario deve “determinare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” e perciò indirizzare e coordinare a fini sociali anche l’attività economica pubblica di prelievo delle entrate. L’art. 53, co. 2, prescrive che il sistema tributario debba essere informato a criteri di progressività, identificando in questa uno dei fini sociali cui detto sistema deve uniformarsi. Con ciò la Costituzione intende vincolare la scelta dei presupposti di fatto da parte del legislatore ordinario.

Per quanto riguarda la progressività, essa è in proporzione al reddito, cioè ai guadagni e agli averi. Cosicché, quanto più si guadagna o si possiede, tanto più si contribuisce. La progressività è poi determinata dai cosiddetti "scaglioni" di reddito: quanto più il reddito sale, tanto più sale la percentuale che di esso toccherà allo Stato.

In Parlamento ci fu un’aspra critica, da parte dell’on. Preti, alle imposte indirette, quelle gravanti sui consumi - oggi IVA, imposta sul valore aggiunto. Si fece notare che questa forma di imposta non funziona in senso progressivo (non incide, cioè, sulla capacità complessiva, globale di contribuire), e nemmeno in senso proporzionale (al reddito), ma addirittura in senso regressivo .
Le tasse sono una necessità per gli Stati. Esse sono proporzionate alle spese. Sono tanto più alte quanto più numerosi, diffusi e capillari sono i servizi offerti. Oggi, in un'epoca in cui gli Stati (almeno quelli più evoluti) danno una risposta praticamente a tutti i bisogni fondamentali dei loro cittadini, anche le necessità finanziarie degli Stati sono cresciute enormemente.

La logica fiscale si basa sulla tassazione del reddito della singola persona e non della ricchezza familiare prodotta . Questo vale soprattutto per le famiglie monoreddito (ivi inclusi i pensionati) e, a maggior ragione, per quelle con figli piccoli i quali impongono consumi elevati senza generare reddito. Per vero sul punto la Corte costituzionale con la sentenza che dichiarò l’illegittimità costituzionale delle previsioni che disciplinavano l’imposizione diretta sul cumulo dei redditi propri dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati . Riferì la capacità contributiva al singolo soggetto, ritenendo che essa non potesse essere influenzata, sulla base di una presunzione o presupposizione di carattere generale, dall’esistenza di redditi altrui dei quali questi non abbia legalmente il possesso. Tuttavia la Corte non mancò di rilevare come fosse prospettabile un’influenza della convivenza familiare rispetto alla capacità contributiva di entrambi i coniugi, ma ritenne che essa non potesse tradursi presuntivamente in un’elevata capacità contributiva medesima, il che condusse i giudici della Consulta a ravvisare, nell’imposizione separata, il sistema maggiormente conforme alla previsione dell’art. 53 Cost., salva la possibilità di ipotizzare un regime opzionale di imposizione congiunta.

Nessun commento: