martedì 22 settembre 2009

L'ANATOCISMO BANCARIO

Gli istituti bancari hanno sempre addebitato trimestralmente gli interessi passivi e le altre competenze liquidate e accreditato annualmente gli interessi attivi. Tale prassi comporta, in capo al destinatario, la decorrenza di interessi sugli interessi dal trimestre successivo all’addebito, con un costo reale per il correntista superiore a quello nominalmente pattuito all’inizio del rapporto.

Con il decreto legislativo 342/1999 (articolo 25) il legislatore è intervenuto sulla materia, demandando al Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (C.I.C.R.) di fissare le modalità ed i criteri per la produzione di interessi sugli interessi nelle diverse tipologia di operazioni bancarie. Lo stesso C.I.C.R. quindi, con delibera del 9.2.2000, ha riconosciuto agli istituti bancari la eventuale capitalizzazione (anche infrannuale) sia di interessi debitori sia di interessi creditori per le diverse operazioni bancarie, ma a precise condizioni:

  • la capitalizzazione periodica deve essere uniforme, sia per gli interessi debitori sia per gli interessi creditori;

  • deve essere garantito alla clientela un adeguato livello di trasparenza delle pattuizioni concernenti l’anatocismo, indicando tra l’altro la periodicità della capitalizzazione ed i suoi effetti sul tasso rapportato su base annuale (ad esempio, tasso nominale 1,00% e tasso effettivo annuale con capitalizzazione trimestrale 1,02%);

  • le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi devono essere specificatamente approvate per iscritto dal cliente;

  • la chiusura definitiva del conto corrente segna il termine di operatività del meccanismo anatocistico.

La delibera C.I.C.R. del 9.2.2000 è entrata in vigore il 22.4.2000. Pertanto, per i contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della delibera, le condizioni pattuite dovevano essere adeguate entro il 30.6.2000 ed i relativi effetti avrebbero avuto decorso dall’1.7.2000, con specifica approvazione della clientela in caso di peggioramento delle condizioni rispetto a quelle applicate in precedenza e con semplice comunicazione alla clientela entro il 31.12.2000 se le nuove clausole non comportavano peggioramenti.

Nasce a questo punto il problema di identificare quali siano le voci soggette alla normativa sull’anatocismo e quali siano invece le voci escluse. E’ noto, infatti, che gli istituti bancari usano addebitare, con cadenza trimestrale, non soltanto gli interessi passivi semplici (Interessi = Capitale x Giorni x Tasso : 365) ma anche altre voci ulteriori quali:

  • la commissione di massimo scoperto
  • le spese per ciascuna operazione
  • le spese di chiusura e di invio dell’estratto conto
  • le spese per il rinnovo degli affidamenti, ecc.

Su tale argomento sono intervenuti sia la Banca d’Italia sia l’Ufficio Italiano Cambi i quali, con comunicazioni dell’8.1.2003 (B.I.) e del 18.2.2003 (U.I.C.), hanno affermato che l’unica voce assoggettabile all’anatocismo era quella relativa all’interesse semplice. Tuttavia, tenuto conto che tali enti sono organi rappresentativi del mondo bancario e tenuto altresì conto che le loro comunicazioni non possono avere lo stesso valore della legge, tale affermazione può essere condivisa per le spese varie ma potrebbe non essere condivisa per la commissione di massimo scoperto.

Sulla natura di quest’ultima (c.m.s.), infatti, si è a lungo dibattuto in dottrina, al fine di individuarne le conseguenze sia ai fini dell’anatocismo sia ai fini del superamento delle soglie usurarie.

La metodologia di calcolo applicata dagli istituti bancari (una percentuale sull’esposizione debitoria massima raggiunta nel trimestre) potrebbe far ritenere la commissione una voce accessoria da aggiungere agli interessi passivi, come tale soggetta alle regole dell’anatocismo.

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