lunedì 7 settembre 2009

COMMISSIONE di MASSIMO SCOPERTO

La Commissione di massimo scoperto è il corrispettivo per l’obbligo della Banca di mettere a disposizione dell’accreditato una determinata somma per un determinato periodo, indipendentemente dal suo utilizzo. Nella prassi bancaria la c.m.s. si è progressivamente discostata da tale nozione, assumendo, di fatto, le caratteristiche proprie di una remunerazione aggiuntiva al tasso d’interesse.

I criteri di calcolo della c.m.s., per l’assenza di una specifica clausola che ne descriva la natura e la metodologia di applicazione, possono variare da banca a banca e sono di difficile comprensione. Può essere calcolata: in via assoluta sul massimo saldo debitorio risultante nel periodo di riferimento, a prescindere dalla sua durata; in via relativa, sui saldi debitori (singoli o complessivi) purché di durata maggiore a un certo numero di giorni; in via mista, sul massimo saldo debitore in valore assoluto, purché tuttavia esista un periodo di scopertura di durata superiore a un certo numero di gironi. Tali difficoltà di comprensione ed applicazione delle modalità di calcolo comportano il rischio di nullità della pattuizione per indeterminatezza dell’oggetto (art. 1346 c.c.) e per contrasto con l’obbligo di forma scritta (art. 117 T.u.b.).

La natura della c.m.s. è stata a lungo dibattuta, essendo difficile trovarne un fondamento chiaro ed univoco: è tuttora aperto il problema della sua corretta qualificazione giuridica e della conseguente funzione economica.

Una corretta definizione della commissione di massimo scoperto è stata data, per la prima volta, dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 870/06 del 18 gennaio 2006. La Corte ha così definito la c.m.s.: “E’ la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma”. Da ciò discende necessariamente che la commissione dovrà essere calcolata o sull'intero ammontare della somma messa a disposizione dalla banca (qualora non sia utilizzata), oppure sulla somma rimasta nella disponibilità di utilizzo del cliente, ma non utilizzata dallo stesso.

Nella prassi bancaria la commissione di massimo scoperto è calcolata non già sulla somma affidata o rimasta disponibile, bensì sulla somma massima utilizzata nel periodo di chiusura - di solito il trimestre - e per ogni giorno del periodo stesso, in palese violazione della definizione fornita dal Supremo collegio appena ricordata.

La c.m.s. non può essere considerata né un interesse né un accessorio dell'interesse, ma, di fatto, rappresenta un onere aggiuntivo rispetto a quanto dovuto dal cliente a titolo di interessi passivi, onere che, in mancanza di specifica pattuizione scritta che ne contenga l’esatta determinazione, è nullo ex art. 1284, comma 2 e 1418, comma 2, c.c. (Trib. Tortona del 19/5/2008).

La Banca giustifica le c.m.s. quale remunerazione delle somme messe a disposizione dall’Istituto Bancario. Il corrispettivo riguarda la diseconomia (per la Banca) dovuta all’indisponibilità della somma stanziata, senza poter godere dell’utilità degli interessi, che sarebbero dovuti in caso di effettivo utilizzo della linea di credito (la Banca mette a disposizione del cliente una somma senza che percepisca interessi). Se questa è la giustificazione della Banca, si dovrebbe concludere che la c.m.s. deve essere calcolata solo ed unicamente nel caso in cui il cliente non avesse mai utilizzato l’apertura di credito, oppure sulla differenza fra lo stanziamento teorico e la somma effettivamente utilizzata dal cliente. È su questa somma che l’Istituto Bancario percepisce gli interessi quale remunerazione dell’utilizzo delle somme messe a disposizione.

Schematizzando la commissione consiste in una percentuale calcolata sull’importo accordato di fido, al netto dell’utilizzo (se l’accordato è 1000 ed il cliente non lo utilizza la base di calcolo è 1000; se ne utilizza 600, la base di calcolo sarà 400). Nella pratica, come già detto, la Banca esige una vera e propria commissione di massimo scoperto calcolata nel giorno di massima esposizione debitoria del periodo di chiusura di conto (di solito trimestrale), seguendo criteri del tutto opposti a quelli dichiarati per giustificare la c.m.s..

Peraltro la c.m.s., è stata disciplinata dal nostro ordinamento solo con l’entrata in vigore della legge n. 2 del 28 gennaio 2009. Con la predetta legge è prevista la remunerazione per la Banca solo in caso di “predeterminazione per iscritto, con patto non rinnovabile tacitamente, di alcuni elementi contrattuali”. Gli elementi contrattuali previsti, a pena di nullità della clausola, sono: il compenso per la messa a disposizione dei fondi e il tasso debitore per le somme utilizzate. Di questi elementi deve essere data specifica evidenziazione e rendicontazione al cliente.

In precedenza, nel vuoto legislativo, la c.m.s. era disciplinata dai regolamenti e contratti bancari, ed era applicata dalla Banca in occasione della chiusura periodica del conto corrente. Peraltro, facendo riferimento alla chiusura annuale, la c.m.s. dovrebbe essere calcolata, parimenti agli interessi passivi, in sede di chiusura annuale.

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