La teoria economica ha elaborato precisi assiomi per ripartire il carico tributario tra i cittadini. Storicamente sono stati proposti tre criteri: il principio della capacità contributiva: l’onere della copertura della spesa pubblica è posto a carico dell’intera collettività tramite i tributi applicati su basi imponibili considerate una misura del benessere.; il principio del beneficio: l’onere della copertura della spesa pubblica è posto a carico dell’intera collettività tramite i tributi applicati su basi imponibili considerate una misura dei benefici della spesa pubblica. (Es. ICI che colpisce gli immobili indicatori di benefici di buona parte della spesa dell’Ente locale per illuminazione, strade, ecc.); e il principio della controprestazione: l’onere della copertura del costo della spesa pubblica è posto in tutto o in parte a carico dei beneficiari.
Il primo non può essere definito in modo oggettivo, perché l’attitudine a concorrere alle spese pubbliche mediante la forza economica del contribuente discende da valutazioni soggettive ed è il tema dominante nei dibattiti politici riguardanti il sistema fiscale. Al secondo può essere attribuita una valenza più concreta, ma è utilizzabile solo in casi particolari, quando vi sia, cioè, un beneficio individuale e individuabile per il servizio offerto.
Il punto di partenza è valutare l’attività del prelievo secondo due criteri: l’equità e l’efficienza. Un sistema fiscale è definito equo se è possibile individuare una modalità appropriata per definire la capacità contributiva dei contribuenti e la successiva ripartizione del carico tributario. La ricerca di un modello equo di tassazione non deve essere vincolata alla struttura e alla dimensione della spesa pubblica, come purtroppo accade da qualche anno in Italia, poiché le imposte non hanno vincolo di destinazione, né deve essere vincolata alla distribuzione dei benefici derivanti dalla spesa, ma deve basare i suoi principi ispiratori sul concetto di giustizia sociale.
Il primo non può essere definito in modo oggettivo, perché l’attitudine a concorrere alle spese pubbliche mediante la forza economica del contribuente discende da valutazioni soggettive ed è il tema dominante nei dibattiti politici riguardanti il sistema fiscale. Al secondo può essere attribuita una valenza più concreta, ma è utilizzabile solo in casi particolari, quando vi sia, cioè, un beneficio individuale e individuabile per il servizio offerto.
Il punto di partenza è valutare l’attività del prelievo secondo due criteri: l’equità e l’efficienza. Un sistema fiscale è definito equo se è possibile individuare una modalità appropriata per definire la capacità contributiva dei contribuenti e la successiva ripartizione del carico tributario. La ricerca di un modello equo di tassazione non deve essere vincolata alla struttura e alla dimensione della spesa pubblica, come purtroppo accade da qualche anno in Italia, poiché le imposte non hanno vincolo di destinazione, né deve essere vincolata alla distribuzione dei benefici derivanti dalla spesa, ma deve basare i suoi principi ispiratori sul concetto di giustizia sociale.
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